Quando si scopre di avere un melanoma, dopo l’asportazione della lesione sospetta si procede con l’esame istologico. Nel caso dei melanomi a più alto rischio viene consigliata anche la biopsia del linfonodo sentinella, cioè il linfonodo più vicino alla sede del tumore primario.
In caso di linfonodo sentinella positivo, lo standard è di non eseguire l’asportazione di tutti i linfonodi della stazione locoregionale, ma di prendere in considerazione una terapia sistemica o target o immunoterapia.
Nello studio coordinato dal Dott. Mandalà i ricercatori si sono chiesti se eseguire l’asportazione del linfondo sentinella entro un mese dalla diagnosi oppure entro tre mesi abbia un effetto sulla prognosi, aumentando la probabilità di recidive o morte.
«Abbiamo visto che non vi è alcuna differenza» spiega il Dott. Mandalà. «Eseguire la biopsia entro i tre mesi, anziché entro il primo mese, non aumenta il rischio. Non è quindi necessario che il paziente si sottoponga immediatamente all’intervento. Questa informazione è molto utile per evitare inutili allarmismi e il ricorso a procedure chirurgiche al di fuori del servizio sanitario nazionale».
Lo studio, pubblicato a settembre 2020 sull’European Journal of Cancer, è stato condotto presso 6 centri italiani Melanoma Intergroup (IMI) e ha incluso 8953 pazienti affetti da melanoma in stadio I-II consecutivi che sono stati diagnosticati, trattati e seguiti tra novembre 1997 e marzo 2018.
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