Uniti contro il melanoma

La biopsia del linfonodo sentinella per il melanoma. Un nuovo studio

Secondo uno studio scientifico coordinato dal Prof. Mario Mandalà, Dirigente Medico nell’Unità di Oncologia Medica all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, la tempistica con cui viene eseguita la biopsia del linfonodo sentinella nei pazienti con melanoma allo stadio I o II, non ha un impatto significativo sulla prognosi.

Quando si scopre di avere un melanoma, dopo l’asportazione della lesione sospetta si procede con l’esame istologico. Nel caso dei melanomi a più alto rischio viene consigliata anche la biopsia del linfonodo sentinella, cioè il linfonodo più vicino alla sede del tumore primario. 

In caso di linfonodo sentinella positivo, lo standard è di non eseguire l’asportazione di tutti i linfonodi della stazione locoregionale, ma di prendere in considerazione una terapia sistemica o target o immunoterapia.

Nello studio coordinato dal Dott. Mandalà i ricercatori si sono chiesti se eseguire l’asportazione del linfondo sentinella entro un mese dalla diagnosi oppure entro tre mesi abbia un effetto sulla prognosi, aumentando la probabilità di recidive o morte.

«Abbiamo visto che non vi è alcuna differenza» spiega il Dott. Mandalà. «Eseguire la biopsia entro i tre mesi, anziché entro il primo mese, non aumenta il rischio. Non è quindi necessario che il paziente si sottoponga immediatamente all’intervento. Questa informazione è molto utile per evitare inutili allarmismi e il ricorso a procedure chirurgiche al di fuori del servizio sanitario nazionale».

Lo studio, pubblicato a settembre 2020 sull’European Journal of Cancer, è stato condotto presso 6 centri italiani Melanoma Intergroup (IMI) e ha incluso 8953 pazienti affetti da melanoma in stadio I-II consecutivi che sono stati diagnosticati, trattati e seguiti tra novembre 1997 e marzo 2018.

Qui lo studio integrale.

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