Grazia abita a Caserta. Quando scopre il melanoma, a marzo del 2016, la malattia è già al terzo stadio. La brutta esperienza di Grazia è legata, più che al melanoma in sé, agli effetti collaterali dei farmaci che le vennero prescritti una volta scoperto il tumore. La sua storia è fatta di momenti drammatici e dolorosi, che però hanno creato anche una nuova consapevolezza sulla vita.
Il mio melanoma si trovava proprio al centro della schiena, quindi lo vedevo poco e lo notavo poco. Il sintomo principale che avvertivo era il prurito. A capire per primo che cosa fosse fu il mio medico di base, un professionista molto attento.
Dopo l’asportazione del neo in una clinica di Caserta, la biopsia rivelò un melanoma al terzo stadio. Il mio medico mi indirizzò verso il Dott. Ascierto a Napoli, conosciuto a livello internazionale. Ascierto mi fece inserire in lista all’Istituto Pascale di Napoli per procedere con l’intervento di allargamento dell’area interessata e con la biopsia dei linfonodi sentinella sotto entrambe le ascelle.
Dopo circa un mese, è arrivata la notizia delle metastasi all’ascella sinistra.
Io stavo molto bene moralmente e psicologicamente. Continuavo a condurre la mia vita in modo normale. Ero molto positiva e il giorno dopo l’allargamento stavo benissimo. Vivevo da sola con mio figlio di 10 anni. Lui un po’ aveva già capito da solo, un po’ cercai di spiegargli io stessa quello che stava succedendo, ma ero molto tranquilla. I guai sono cominciati quando ho iniziato l’immunoterapia per il melanoma…
Iniziai l’immunoterpaia con nivolumab e ipilimumab. Come da protocollo, feci 4-5 cicli di terapia e poi la interruppi per 40 giorni.
L’oncologa del Pascale mi aveva prescritto il cortisone per alleviare i dolori alle gambe che si erano manifestati durante la terapia.
I primi problemi si manifestarono proprio durante i 40 giorni di stop: da quel momento la mia vita sarebbe cambiata in una maniera che non mi sarei mai aspettata.
Era il 2 gennaio 2017, mio figlio si trovava con il padre, aveva trascorso il Capodanno insieme a lui. Visto che non mi sentivo affatto bene, chiesi a mia madre di dormire da me. Quella sera mi sono addormentata con mia madre accanto. Da qui in poi io non ricordo più nulla, tutto il resto mi è stato raccontato.
La mattina successiva mia madre non riuscì a svegliarmi. Si accorse che qualcosa non andava, si allarmò e chiamò il medico di base. Lui capì che sono entrata in coma e chiamò l’ambulanza. Rimasi due giorni in coma con un gravissimo diabete di tipo 1, indotto dal mix di farmaci (immunoterapici e cortisone), di non facile gestione.
Fui intubata, avevo la polmonite e la febbre a 40°.
Dopo il risveglio sono rimasta in ospedale per più di due mesi. Mi alimentavano con le sacche, sono dimagrita tantissimo. Però non ho mai trascorso una notte da sola: tutte le mie amiche si sono mobilitate e organizzate tra di loro per prestarmi assistenza a turno. Di mio figlio, invece, si stava prendendo cura il padre.
Dopo settimane di terapie con antibiotici e insulina ho cominciato piano piano a riprendermi. Non ho camminato per due mesi, ero fortemente debilitata. A metà marzo ritorno a casa.
Purtroppo la normalità tanto desiderata non arrivò. Per colpa del diabete non riuscivo a mangiare più, pesavo 35 kg e vomitavo tutto quello che ingerivo, persino l’acqua. Ero stordita, vivevo in uno stato di semi-incoscienza. Ho perso i sensi più volte.
A questo punto mi hanno ricoverata di nuovo, in una clinica privata. Mi hanno alimentata nuovamente con le sacche e lì ho avuto sbalzi di diabete tremendi. Sono rimasta ricoverata altri due mesi e mi hanno un po’ rimesso a posto, ma una volta rientrata a casa stavo di nuovo male, per cui mi hanno ricoverato per la terza volta… un vero calvario. Nel complesso ho vissuto quasi un anno di ricoveri.
Esatto, da mesi non potevo curare il melanoma perché la cosa più urgente era curare il diabete, che stava per togliermi la vita.
Durante il terzo ricovero mi sottopongo a una TAC ma non mi viene detto nulla in merito al referto. Solo molto tempo dopo ho saputo che i medici della clinica chiesero al mio medico di base di andare dai miei, per comunicare loro che mi rimanevano al massimo 3 mesi di vita.
Dopo questa TAC sono stata mandata all’ospedale Cardarelli di Campobasso, dove rimango ricoverata per 5 giorni. Lì hanno dato ai miei parenti la medesima sentenza di morte.
A me è stato detto mesi dopo.
Rientrata a casa dopo il ricovero al Cardarelli, ricomincia per l’ennesima volta la mia battaglia con il cibo. Piano piano ho iniziato a mangiucchiare qualcosina.
A settembre 2017 vado al Pascale per rifare la TAC e, con grande sorpresa di tutti, risulta pulita!
Non so dire come sia potuto accadere: so solo che in quel periodo tantissime persone hanno pregato per me. Io dico che è stata la mano di Dio.
La felicità purtroppo è durata poco: dopo 3-4 mesi rifaccio la TAC e l’oncologo mi comunica che ci sono delle metastasi.
Inizio la terapia con un altro farmaco immunoterapico, il pembrolizumab. Nel frattempo noto delle “palline” al fianco. Poco dopo avrei saputo che si tratta di metastasi.
Oggi sono due anni e mezzo che faccio questa terapia. Non mi ha provocato alcun effetto colletarale e forse finalmente sto cominciando a vedere la luce. Ho ripreso peso, conduco una vita normale anche se non del tutto. Oggi ai controllo risultano solo delle piccole metastasi, nulla di preoccupante.
Il momento del coma è stato terrificante. Mi ha distrutto e subito dopo ho vissuto momenti bruttissimi, attaccata a delle macchine rumorose, con la febbre alta, in uno stato di confusione mentale. Lì ho pensato davvero di non farcela. Un giorno presi carta e penna e lasciai ad un’amica le mie ultime volontà. Avevo gli occhi aperti e mi dicevo “se li chiudo, muoio”.
Sono molto cambiata. Prima ero una persona arrabbiata con il mondo e con la vita. Mi focalizzavo sui miei fallimenti, sul matrimonio finito… Oggi invece mi rendo conto che la vita è bella, sono una persona allegra, direi proprio un’altra persona. La salute non è scontata e tutto quello che accade ha un perché. Ho riscoperto il valore della fede, prego molto, leggo la Bibbia.
Quando si parla di melanoma si pensa “vabè, è solo una macchia sulla pelle. Si toglie e passa tutto”. Non è così e sono fiera che la mia storia sia servita a tante mie amiche per imparare il grande valore della prevenzione. Ormai al primo sospetto corrono subito dal dermatologo e questo è quello che dovrebbero fare tutti.
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