Uniti contro il melanoma

Federica, una vita normale con il melanoma al mediastino

Federica - Melanoma al mediastino

Dopo le storie di Silvia, Gemma e Anna, vi raccontiamo la testimonianza di Federica, un esempio concreto di fiducia e speranza per tutte le persone affette da un tumore raro. Si contano pochissimi casi al mondo di melanoma al mediastino. Pochi casi vuol dire, spesso, poca ricerca, poche conoscenze e poca cura. Nel 2011, quando Federica scopre la diagnosi, non c’erano terapie per trattarlo. Ma ciò non ha le ha impedito di realizzare tutti i suoi progetti.

Ciao Federica, parlaci di te e della diagnosi. Che cos’è il melanoma al mediastino?

Tutto iniziò all’improvviso nel mese di marzo del 2011, avevo quasi 27 anni. Ero fidanzata, avevo comprato casa e stavamo progettando il matrimonio.

Un giorno cominciai ad avvertire un forte dolore alla spalla. Al terzo giorno, dopo il lavoro, decisi di avviarmi da sola verso il pronto soccorso. Dalla radiografia risultava una massa mediastinica (cioè posizionata al centro del torace) di 8 cm. Si trovava tra il cuore e il polmone.

Hanno capito subito di che cosa si trattasse?

Inizialmente si ipotizzò un linfoma ma i dubbi erano tanti. Fui ricoverata immediatamente e ricordo che mi rigirarono come un pedalino. Ma nulla, non si vedevano altre masse in altre parti del corpo. Solo quella grande massa che comprimeva cuore e polmone. Io capii subito: avevo un tumore e ci sarebbe stato poco da fare. Non conoscevo ancora il tipo di cancro.

Come hai reagito?

Piangevo. Fino a quel momento ero stata una ragazza felice, spensierata, sempre ottimista, sempre propensa ad aiutare il prossimo.
Da 10 anni accompagnavo mia madre malata, che ai tempi aveva solo 48 anni, in giro per ospedali, fino a Torino, dove fece il trapianto di fegato.
Il mio più grande pensiero era per lei, volevo salvare lei.

In quel periodo della mia vita non avevo pensato molto a me e alla mia salute e forse il mio sistema immunitario ne aveva risentito e mi stava abbandonando.
Dopo la confusione e lo sconforto iniziale non mi sono buttata giù. Io potevo e avevo le forze per farcela. Avevo una vita davanti e mia madre doveva vedere in me la speranza, la stessa che io avevo trasmesso a lei.

Fino a questo momento non sapevi ancora quale fosse la tipologia di cancro che ti aveva colpito. Quando è arrivata la diagnosi di melanoma mediastinico?

Fui trasferita all’ospedale Carlo Forlanini dal Professore Martelli, chirurgo toracico. Solo lui poteva capire cosa era quella massa perché aveva tolto tanti brutti tumori al polmone, salvando un sacco di gente.
Neanche lì, in realtà, capirono subito. All’inizio dissero timoma, una neoplasia del timo (un piccolo organo dietro lo sterno). Il 2 maggio 2011 mi sottoposero all’apertura chirurgica dello sterno, una sternotomia totale.

In seguito all’esame istologico purtroppo mi dissero che si trattava di un tumore nero come il carbone, un melanoma al mediastino, neoplasia rarissima, poco conosciuta. Ero uno dei pochissimi casi al mondo.

Immagino che sia stato difficile farsene una ragione e che tu ti sia chiesta “perché proprio a me?”…

Ero giovane, mi avevano tolto tutto. Ma non poteva finire lì.

Andai subito all’IFO – Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma. Nel 2011 non c’erano molte cure per questo tipo di tumore, che nel mio caso non aveva neanche la mutazione genetica Braf v600, quindi i trattamenti più avanzati mi erano preclusi.

Insomma, c’era poco da fare. All’IFO fui sottoposta ad un vaccino che comprendeva anche una sostanza chemioterapica, l’interferone.
Nonostante tutto, affrontavo la mia vita con allegria. Stavo bene, mi divertivo, continuavo a fare progetti.

Nel frattempo continuavi a prenderti cura di tua madre?

Nel frattempo purtroppo mia madre peggiorava. La seconda dose di chemioterapia mi fu somministrata il 24 agosto del 2011 e proprio quella mattina lei morì. Andai a fare la chemio subito dopo averla salutata.
Io dovevo vivere per lei e continuare a ricordarla tramite la mia esistenza. E così feci, mi ero ripromessa che niente e nessuno mi avrebbe fermato.

La chemioterapia stava funzionando?

Dopo un po’ non fece più effetto. Si presentarono le metastasi: tre nel polmone e due all’encefalo.

All’IFO mi dissero che dovevo operarmi alla testa e affrontare un’altra chemio. Risposi di sì per la chemio, che era l’unica soluzione in grado di oltrepassare la barriera encefalica, ma non firmai il consenso per l’intervento chirurgico. Con il mio fidanzato ritenemmo che non fosse la strada giusta. Io ero asintomatica e quella grossa massa in testa non poteva cambiare la mia vita. Così rifiutai.

Che ne pensavano le persone intorno a te? Insomma avevi appena rifiutato l’intervento, la tua unica opportunità di salvezza…

Fui presa per matta!
Decisi, andando anche contro il parere della mia oncologa di allora, di cominciare la radioterapia. E feci bene, perché poco dopo si presentarono altre metastasi encefaliche, quindi se mi fossi sottoposta a quella operazione sarebbe stato quasi inutile: mi avrebbero aperto e chiuso la testa per poi riaprirmela poco dopo.

L’oncologa mi disse che avevo due mesi di vita, che era inutile fare progetti e sposarmi con l’uomo che amavo. Non dimenticherò mai queste orribili parole e scappai da lei.

E nel frattempo decidi anche di sposarti…

Esatto, il 25 agosto del 2012 sposo l’uomo della mia vita. Forse sarei morta poco dopo, chi lo sa, ma nel frattempo decidevo di vivere. Lui voleva sposarmi a tutti i costi!

Si rivolse di sua spontanea volontà a due ospedali, Siena e Napoli. Mi risposero immediatamente entrambi e tirando a sorte uscì l’Istituto Nazionale Tumori della “Fondazione Pascale” di Napoli.

Partii da Roma alla volta di Napoli per avere una consulenza. Lo feci “tanto per”, in fondo sapevo che con le metastasi al polmone e al cervello non avrebbero potuto fare nulla. Mio marito però era più tosto di me, doveva provare!

Conobbi la Dott.ssa Ester Simeone, un vero angelo.

Mi visitò e mi propose di intraprendere alcune terapie innovative. Io stavo benone e non sembravo una malata oncologica senza scampo. Mi disse “Proviamoci! Non abbiamo studi dimostrativi ma solo sperimentazioni e tu puoi farle. Hai 28 anni, sei giovane e sana, proviamole tutte”.

Lei era così solare, bella, intelligente, sensibile. 

Quali erano le terapie innovative di cui ti aveva parlato?

Cominciai una cura con il farmaco MEK162. Per 4 mesi assunsi 10 pillole al giorno, sono ingrassata di 30 kg, non riuscivo a camminare bene ed ero sempre stanca, con un grande dolore alle ossa che si presentava soprattutto di notte. Solo mio marito sa bene che cosa ho passato.

Nonostante questo non mi feci abbattere.

Per un momento abbiamo bloccato la malattia ma il melanoma è subdolo. Da lì a poco si sarebbe mutato e sarebbe ricomparso.

Così  il 22 maggio 2013 iniziai l’immunoterapia con Ipilimumab. Questa è una parola che ho imparato subito. Doveva funzionare, era la mia ultima speranza e anche se questo farmaco poteva avere brutti effetti collaterali io volevo farcela, non solo per me stessa ma anche per mio marito e per la mia mamma che non c’era più.

La prima TAC alla fine di luglio 2013 dimostrò che le metastasi erano ferme. Io non sono molto brava a ricordare i numeri e le date ma queste date sì, le ricordo eccome.

Insomma, le cure stavano funzionando…

Fu la mia rinascita, erano tutti increduli, anche la Dott.ssa Simeone che però credeva fermamente in me e non mi ha mai lasciato da sola.

Finalmente ce la stavo facendo, le metastasi erano ferme anche alla TAC successiva. Tutto lasciava pensare che stessi andando incontro a una cronicizzazione, ma solo il tempo avrebbe potuto dirlo con certezza. 

Rimasi incinta. Ero la prima persona che dopo tutto questo mix di farmaci rimaneva incinta! Non c’era nessuno studio riguardo i bambini nati dopo l’immunoterapia.

Quindi portare avanti la gravidanza significava assumersi un rischio non indifferente. Quale fu la tua decisione?

Sì, secondo tutti avrei dovuto abortire. Ma io e mio marito volevamo quel bambino. Avevo 29 anni ed era una luce arrivata dopo il tunnel.

Giammarco nasce il 3 settembre 2014 sano e bello come il sole.

E oggi come stai?

Non mi sono mai sentita una malata terminale, avevo in pugno la mia vita. Il male nero ha trovato, purtroppo per lui, un nemico più tosto. Oggi faccio i controlli periodici, la malattia si è cronicizzata.

Non ho paura della morte. Ho visto mia mamma soffrire, ho sofferto di dolore anche io. Ma con la mia forza tengo a bada ogni male. Svolgo una vita normale, lavoro, faccio la mamma, la moglie, viaggio.

Il tumore non ha cambiato mai il mio cammino.

Il mio miracolo è stato di avere un marito fantastico, un figlio, la mia cagnolina che mi ha aiutato quando cadevo in casa, la mia Golden così bella e sensibile che mi è stata regalata nel 2012, proprio quando sembrava che non ci fosse nulla da fare per me.

E adesso sto per diventare di nuovo madre. Partorirò una bambina tra circa un mese e mezzo, sono felice e grata a me stessa perché ce l’ho messa tutta. Sono stata forte e anche fortunata.

Il melanoma non mi ha tolto nulla ma mi ha dato molto. E infatti lui sa che lo tengo buono buono. In fin dei conti è lui ad aver avuto paura di me!



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